venerdì 28 dicembre 2007

proposta minima in difesa dei diritti elementari

Premetto che, arrivato un poco in ritardo allo workshop “Democrazia Partecipazione”, ho avuto per un tempo non breve la sensazione un po' surreale di essere arrivato nel mondo dei sogni. Il quadro che i vari interventi venivano delineando rispetto al tema in discussione appariva accattivante, direi quasi idilliaco. È pur vero che si trattava, almeno così mi pareva, non della situazione reale, ma delle prospettive futuribili.

Ora, è vero che in ogni momento possono arrivare novità inaspettate, come è accaduto qualche anno fa con la sorprendente esperienza del bilancio partecipativo di Porto Alegre. Ma è vero anche che, in questi tempi di politica spettacolo, anche dalle nostre parti politiche, ciò che sembra contare è la capacità di cavalcare l'onda del momento. E così, dopo che il bravo Salvatore Ricciardi ha girato mezza Italia come fosse la madonna pellegrina, con tanto di officianti che si appropriavano del privilegio di essere i veri interpreti del nuovo verbo, di Porto Alegre non si parla più. Da quando poi la coalizione di sinistra, protagonista dell'epopesa di Porto Alegre, si è spaccata, ed ha perso le elezioni, un silenzioso tabù è calato su tutta la vicenda. Il nome stesso di Porto Alegre è migrato via dai discorsi di chi è sempre dentro al bon ton della politica.

Con questo non voglio negare il valore delle esperienze di partecipazione che anche in Italia si sono fatte, e forse si continuano a fare. Voglio dire che la realtà che conosco è molto diversa, strutturalmente diversa. E difatti, quello stesso pomeriggio dell'8 dicembre, man mano che gli interventi si susseguivano, la realtà di una situazione di grave deprivazione democratica strutturale, pervasiva delle realtà amministrative in Italia, si stava facendo sempre più spazio. Una realtà in cui la deprivazione di democrazia ha una origine LEGISLATIVA, cioè ha corso in forza di legge. Per farla breve, le voci di denuncia della sostanziale ademocraticità dei rapporti amministrativi a livello locale si stavano facendo sempre più incalzanti, puntuali, in qualche caso direi quasi drammatiche, concentrandosi sui poteri di sindaci e governatori che svuotano completamente il ruolo dei consigli, e quasi anche delle stesse giunte, a tutti i livelli.

A mio avviso questo è al momento il terreno più proprio su cui va collocata la questione, se non si vuole rimanere nel campo dei proclami e delle buone intenzioni. Mi pare una semplice constatazione, non una teoria, l'osservazione che l'autodissoluzione del PCI ha portato al vuoto, conseguenza del fatto che la tradizionale politica della democrazia progressiva, propria di tale partito, è stata ovviamente abbandonata da quanti si sono gettati nella nuova direzione, che ha avuto in questi mesi il suo esito già scritto nella creazione del partito democratico; mentre l'aggregazione che si è collocata all'estrema sinistra ha sostanzialmente abbandonato l'attenzione stessa verso gli aspetti istituzionali, un po' per confusione, od impotenza, da parte dei suoi esoponenti provenienti dal PCI; e un po' per estremismo (mi sia consentita questa parola, privandola della sua carica bigotta; la uso solo in senso indicativo, senza contenuto morale od etico, e tanto meno politico), da parte di chi, troppo preso dal pensiero della rivoluzione, pensa che le questioni della democrazia formale siano puramente borghesi.

E invece la vera e proprio rivoluzione regressiva sul piano sociale che si è avuta negli anni '90, e che ha trovato il suo coronamento con la controriforma della costituzione approvata qualche giorno prima dello spirare delle camere nel 2000, sotto le cure del governo Amato, ha portato un totale cambio di paradigma. Tutti i rapporti sociali e politici sono stati omogeneamente portati sul piano del diritto privato. Non sto parlando da esperto di diritto, per cui sicuramente il mio modo di esprimermi sarà censurabile sul piano formale; ma se la cosa non è chiara, cercherò di illustrarla con alcuni esempi, tratti dalla mia esperienza di lotta e di iniziativa politica diretta in ambito locale.

1° esempio

Riguarda una questione nazionale, quella dell'acqua. A questo riguardo la Regione Lombardia con una legge dell'8 agosto 2006, n. 18, modificava di fatto la legislazione nazionale (ed europea) in tema di servizi pubblici locali, sopprimendo la possibilità di gestire l'erogazione dell'acqua da parte degli enti pubblici, ed obbligando comuni e provincia ad affidare il servizio ai privati. Di fronte ad un atto palesemente illegale della regione, quali strumenti di difesa possono essere messi in campo? In questo caso lo Statuto della Regione Lombardia prevede la possibilità del referendum abrogativo. Tra i soggetti che possono promuovere il referendum ci sono anche i comuni, in numero di almeno 50. È quello che hanno fatto più di cento comuni lombardi (leggi tutto...). Ma qui scatta la beffa: a decidere della ammissibilità del referendum è in ultima istanza lo stesso Consiglio Regionale che ha approvato la legge. Naturalmente il suddetto consiglio della Regione Lombardia ha decretato che il Referendum proposto dai comuni lombardi non è ammissibile!
Nel nostro caso, anche il governo ha fatto ricorso alla Corte Costituzionale, che non si è ancora pronunciata, ma questa è un'altra storia, che ha poco a che fare con l'argomento “democrazia e partecipazione”, in quanto riguarda il conflitto tra poteri dello Stato.

2° esempio

Siamo a Chiari, provincia di Brescia, una cittadina di oltre 15.000 abitanti. Qui, a partire dai primi anni Novanta, con i fondi della Regione Lombardia, è stato istituito un campo di sosta e transito destinato alle “etnie tradizionalmente nomadi e seminomadiesplicitamente destinato a “favorire rapporti con le comunità locali ed a migliorare le interrelazioni con le istituzioni pubbliche per una più ampia tutela sociale nel rispetto della identità culturale e delle abitudini di vita delle stesse”. Vinte le elezioni, la Lega lombarda approva un nuovo regolamento per il campo nomadi. Tale regolamento, come dichiarato nella delibera del Consiglio Comunale che lo ha adottato, ha la finalità esplicita di realizzare il programma elettorale della Lega, là dove dice che saranno messe in atto “azioni tese alla chiusura e allo sgombero del campo nomadi. Essendo questa la finalità, il nuovo regolamento è scritto in modo da rendere pressoché impossibile il suo rispetto da parte degli abitanti del campo, senza andare troppo per il sottile nei confronti della Costituzione della Repubblica Italiana. Chi vuole saperne di più può leggere tutta la storia qui,tenendo conto che non è ancora finita. In questo intervento, di questa storia, mi interessa di segnalare un solo punto, fra i moltissimi che potrebbero essere indagati, a partire dalle palesi violazioni di molti principi costituzionali. Si tratta di questo. Dopo anni di angherie, il comune riusciva a far sloggiare gli ospiti del campo. Immediatamente dopo il campo veniva raso al suolo. Successivamente, a seguito della azione pressante dei consiglieri regionali Osvaldo ed Arturo Squassina, la Regione Lombardia ha risposto ufficialmente, per bocca dell'assessore Abelli, che, avendo usufruito di finanziamenti regionali, “i servizi realizzati con i suddetti finanziamenti devono mantenere la destinazione prevista” che era il “servizio di sosta e transito...per un periodo non inferiore a venti anni”. Abbiamo dunque a che fare con una palese violazione di legge, ufficialmente dichiarata dalla regione Lombardia. La cosa ha avuto qualche conseguenza, qualche ricaduta sulla Amministrazione comunale di Chiari? Assolutamente no. Il potere dei ras locali non si tocca!

3° esempio

Ci spostiamo di pochi chilometri, ed entriamo nella Franciacorta. Qui troviamo un paesino, antico “capoluogo” di distretto ai tempi del regno lombardo-veneto, Adro. Il ras locale è un altro pittoresco personaggio leghista, che ha raggiunto un suo personale primato, negando il sussidio di maternità alle madri italiane non regolarmente sposate. Infatti il comune di Adro ha deciso di propria iniziativa di attribuire un contributo “extra” per i nuovi nati e per le adozioni. Ma, udite udite, nel regolamento per l'attribuzione si legge: “ART. 4 – REQUISITI - L'erogazione del contributo è subordinata al possesso dei seguenti requisiti: 1. residenza del neonato o dell'adottato nel Comune di Adro; 2. i genitori devono essere tra loro coniugati;” (leggi tutto...). Cioè, per dare attuazione alla prima parte dell'art. 31 della Costituzione (cito letteralmante dalla delibera), “La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l'adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose.”, ma soprattutto perché (cito sempre dalla delibera) “Sindaco: fa presente che non si sta facendo altro che portare avanti quanto previsto dal Programma elettorale”, viene violata la seconda parte dello stesso articolo 31: “Protegge la maternità, l'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo”, dove è assente ogni riferimento alla famiglia, tanto più che prima viene l'articolo 30 in cui è detto a chiare lettere che “La legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima”.

Continuare sarebbe del tutto ozioso. Che cosa voglio sottolineare con questo intervento? Voglio segnalare il fatto che dal nostro dibattito politico questi aspetti sono del tutto assenti. Le “grandi” rivendicazioni sulla pace, sulla precarietà, sui salari, sulla sicurezza sociale, in cui i risultati raggiunti sono stati, è vero, modesti, per non dire nulli, sono per lo meno state messe nell'agenda politica. Questa da me segnalata mi pare del tutto assente. Posso formularla così. Visto che nessuno dei soggetti politici che sono presenti in questa occasione – gli Stati Generali della Sinistra, sono stati chiamati - sta proclamando la prossima venuta di una rivoluzione sociale che stravolge la struttura economica della società, ed al suo seguito tutte le formazioni sovrastrutturali, comprese quelle giuridiche, non è il caso che nel dibattito nostro entri anche l'urgenza di garantire l'ispirazione universalistica degli articoli 2 e 3 della Costituzione, pensando per lo meno ai classici “contrappesi” propri delle teorie liberali; per cui allo spropositato potere di arbitrio che la legislazione degli anni Novanta del secolo scorso ha riconosciuto agli esecutivi amministrativi si possa contrapporre non solo il ricorso individuale ed oneroso alla giustizia amministrativa da parti di chi ha ricevuto un danno personale; ma anche si istituisca ex novo una possibilità di ricorso politico-giuridico da parte di chiunque, quando siano in gioco principi universali inviolabili che la minuta azione amministrativa mette a rischio. Perchè è chiaro che è a partire da questi livelli che riguardano immediatamente la vita delle persone nelle comunità di appartenenza che si gioca la reale sussistenza di concetti come quelli di “diritto” e di “democrazia”, che diversamente rischiano di essere vuote astrazioni.

E, per non lasciare anche questo intervento rimanga un vuoto lamento, indico, a titolo esemplicativo, una possibilità di utilizzare una istituzione già esistente, che potrebbe essere utilmente chiamata in causa per cominciare ad ovviare al vuoto di “contrappesi” cui ho fatto cenno. Sto parlando dell'istituto del “Difensore civico”, già presente nell'ordinamento legislativo italiano. È ovvio che tale istituto andrebbe radicalmente ristrutturato almeno in due direzioni. La prima “riforma” imprescindibile sta nella NECESSITÀ che il dirensore civico diventi una figura OBBLIGATORIA nei vari livelli della amministrazione ed INDIPENDENTE dagli organi amministrativi stessi; nelle condizioni attuali il cosiddetto “difensore civico”, mi pare, non può essere altro che un agente di “public relationsper conto della amministrazione che lo nomina e lo paga. La seconda “riforma” consisterebbe nell'attribuire a tale istituto il potere di avviare, a posteriori, certamente, la procedura di controllo di costituzionalità, nel caso in cui nei vari livelli di azione normativa svolta dagli organi preposti, si configuri appunto il sospetto di violazione di principi costituzionali riguardanti i diritti fondamentali ed universali della persona; avviare, e non decidere, ovviamente, e non decidere in proprio. Sarebbe dunque da mettere a punto la procedura di filtro delle istanze che vengono proposte, e l'appropriato livello decisionale rispetto al contenzioso che verrebbe prodotto.

martedì 18 dicembre 2007

dopo l'assemblea di Roma, apertura del Blog e assemblee itineranti

La sinistra/l’arcobaleno dopo l'assemblea del 8 e 9 Dicembre 2007 ha assunto un grande impegno con il suo popolo, Siamo convinti che potrà attraverso un processo popolare, democratico e partecipato, aperto alle adesioni collettive e singole, per permearsi con le realtà territoriali, i movimenti sociali, l'autorganizzazione e le tante forme di vertenzialità locali, questo per radicarsi nella storia presente e futura del nostro Paese.

L’assemblea della sinistra e degli ecologisti dell’8 e del 9 dicembre ha acceso grandi speranze. Può nascere un soggetto politico di tipo nuovo, aperto, plurale, e unitario, che superi alla radice i modelli gerarchici, patriarcali e autoritari della rappresentanza politica ereditati dal Novecento. Di un soggetto di questo tipo, di una sinistra forte e radicale nei valori e nelle idee, e concreta, popolare, rappresentativa dei territori nelle iniziative sociali, civili, culturali, capace di connettere i grandi movimenti - come ci hanno recentemente segnalato c’è un urgente bisogno.

I partiti stanno facendo la loro parte, e legittimamente occupano il loro spazio. Anche noi - associazioni, movimenti, laboratori, realtà di base - dobbiamo fare la nostra, senza delegare a nessuno le idee e le istanze che rappresentiamo. L’ambizione è quella di costituire non una forza minoritaria, ma un soggetto grande e forte, capace di competere per l’egemonia, influente nella vita della società e dello Stato, che pesi nel campo politico del centrosinistra. Un soggetto capace di contrastare le derive populiste e plebiscitarie, figlie di una politica debole e della separazione tra potere e cittadini. Un protagonista in Italia, collegato ai movimenti, ai gruppi e ai partiti più importanti della sinistra e dell’ambientalismo in Europa.

Per dare seguito al lavoro cominciato con il gruppo di lavoro/ Workshop Democrazia, etica pubblica, rappresentanza, nuove forme della partecipazione, abbiamo creato un blog
http://opensx.blogspot.com/

dove alimentare una discussione aperta ed orizzontale, confrontare idee, proposte e pratiche, continuare ad aprire uno spazio sociale e politico questo è l'obiettivo che abbiamo.

La proposta è quella di realizzare tra la fine di gennaio 2008 e il mese di febbraio 2008 tre sessioni di lavoro del workshop Democrazia, etica pubblica, rappresentanza, nuove forme della partecipazione a Milano, Firenze e Bari, Venite, diventate parte di un progetto che può cambiare profondamente la storia e la vita di milioni di persone.

martedì 11 dicembre 2007

Costi della politica e costi della democrazia

In un contesto di difficoltà economica, in cui si chiede sempre più sacrifici alle lavoratrici e ai lavoratori italiani non è più possibile posticipare all’infinito la riduzione di costi della politica e dei suoi privilegi: penso alla regolamentazione della pensione per i parlamentari, al fatto che non ci sia una regolamentazione chiara non solo sul conflitto di interessi, ma sulla inconciliabilità di ricoprire più cariche pubbliche, che crea inefficacia ed inefficienza nel coprire più ruoli pubblici (dal parlamentare al consigliere comunale, ma non solo) oltre al fatto che in questo modo si perpetra la stessa classe dirigente e non si lascia spazio ad altri che potrebbero crescere e contribuire alla vita politica ed amministrativa del paese. Penso anche alla miriade di consigli di amministrazione di enti e fondazioni che hanno un costo pubblico e la miriade di enti e uffici pubblici ridondanti ed utili solo per il proliferare di pratiche di clientelismo e inefficienza della macchina statale.
Ecco perché della necessità di intervenire sui costi della politica: che però non si deve ridurre a pura campagna demagogica. La democrazia per funzionare necessita anche di questo costo affinché tutti i cittadini possano partecipare attivamente all’amministrazione del paese ai vari livelli, permettendo quello che Max Weber definiva “la politica di professione”, affinché non siano solo i liberi professionisti ed i notabili ad occuparsi di politica, perchè liberi di fare gli amministratori pubblici o i parlamentari e al tempo stesso svolgere la propria attività lavorativa in modo autonomo, ma bisogna permettere l’accesso alla vita politica a tutti. In tale senso, iniziare a tagliare i costi della politica partendo dalle ultime ruote del carro, che oltre a non percepire alti compensi (e sono d’accordo sul non aumentare gettoni ed indennità) sono anche quelli che non vivono di politica, almeno non del tutto, ma hanno un lavoro principale al di fuori e devono bilanciare la vita lavorativa e la dedizione all’attività amministrativa, circoscrizionale, comunale, e via dicendo e spesso lo fanno a loro spese, non solo in termini economici ma soprattutto in termini di tempo sottratto alle proprie famiglie, al tempo libero e al proprio riposo. E’ certamente una scelta individuale, altrimenti non saremmo venuti a Roma dopo ore di viaggio sui pullman invece di dedicarci ai regali di Natale, ma non si può pensare di non coprire almeno in parte i costi del proprio impegno nella gestione amministrativa degli enti locali visto che comunque si tratta di un servizio alla comunità, che necessita di impegno, attenzione e dedizione. Quindi perché i costi della politica devono sì ridursi ma continuare ad esserci? Perché la classe dirigente di questo paese deve essere libera dai rischi di corruzione che l’assenza di un sostegno economico legittimo, purché equo, potrebbe provocare. Questi sono i fondamenti di ogni Democrazia. E’ necessaria un’analisi accurata, intellettualmente onesta e scevra da ogni lancio demagogico che porti ad una ridefinizione e al rinforzo dell’etica politica e ad una riduzione dei costi della politica nei vari ambiti.

Note su Costituzione, legge elettorale, partecipazione

di Paolo Solimeno - Sinistra Democratica - Firenze

Bisogna che la Sinistra trovi nella Costituzione un progetto compiuto, si impegni per la sua attuazione dopo il lungo tradimento sul piano dei diritti civili e sociali, ma presti anche nuova e coerente attenzione all'assetto istituzionale disegnato nella seconda parte della Carta che una sciagurata riforma del Polo nel 2005 tentò di stravolgere.

E' in Parlamento una proposta di modifica della Costituzione che può rafforzare e rendere più efficiente la Camera legislativa ed in questo senso la Sinistra giustamente la sostiene, deve anzi appropriarsi con convinzione di buona parte del progetto che può contribuire ad interrompere il progressivo esautoramento del Parlamento iniziato negli anni '80.
Peraltro in quella proposta si legge anche una sostanziale modifica all'art. 94 Cost. con cui si darebbe al Presidente della Repubblica, ma su proposta del Presidente del Consiglio, potere di nomina e revoca dei ministri; e la Camera darebbe la fiducia non più "al Governo", ma "al Presidente", sancendo così la fine della collegialità del governo; la novità rischia di avallare la retorica del bisogno di rafforzamento dell'esecutivo, quando quel che serve è un rafforzamento dell'Assemblea (nel senso di maggior efficienza e legittimazione in termini di rappresentatività), obiettivo perseguito con il Senato federale e la Camera di 500 deputati che dà la fiducia all'esecutivo.
Si è invece dimenticata la priorità della riforma dell'art. 138 Cost. e le critiche alle riforme fatte dalla maggioranza governativa (2001 e 2005, respinta da una vittoria referendaria di cui riappropriarci, quando - ricorderete - quelli che avrebbero poi costituito il PD erano alquanto imbarazzati nella campagna referendaria): la sinistra deve sostenere con forza che il 138 con quorum aggravato garantisce proprio le opposizioni, è un atto garantista fare anzitutto quella riforma, depositata da mesi in parlamento. Non trascuriamo poi, ovviamente, il rischio poi che il centrodestra faccia una modifica disastrosa non appena conquisti la maggioranza.

Sulla legge elettorale tralascio questioni specifiche (hanno già detto molto sabato 8.12 a Roma Domenico Gallo e Gianni Ferrara, tra gli altri), su cui a Firenze facciamo inziative da tempo, per dire solo che la legge elettorale tedesca rispetterebbe la Costituzione e deve perciò solo esser vista con favore dalla Sinistra; inoltre garantirebbe una riduzione importante del numero dei partiti, salvando però (e dando loro "diritto di tribuna") quelli che, pur sotto la soglia, ottenessero dei seggi nei collegi uninominali.
Il rischio è che sia approvata una legge che stravolga il sistema parlamentare, facendo leva sul principio suddetto di rafforzamento del premier. Anche il vassallum introdurrebbe una correzione eccessiva alla proporzionalità, sommando sbarramento a collegi piccoli, con effetto assai simile al premio di maggioranza (quello che resterebbe, peggiorato, se passasse il referendum): il tutto disegnato pro PD e PDL.
Da non trascurare poi che un semplice intervento di modifica dei regolamenti parlamentari in tema di costituzione dei gruppi e di calendarizzazione dei lavori potrebbe dare molto in tema di trasparenza, coerenza ed efficiacia dell'attività parlamentare.

Partecipazione
Bisogna evitare il circuito plebiscitario per cui la partecipazione è una legittimazione del capo dell'esecutivo locale o nazionale: bisogna invece affiancare al rafforzamento delle assemblee elettive (locali e naz.) una partecipazione costruita con tutte le garanzie e che abbia come referenti non gli esecutivi, ma le assemblee (regionali, comunali, ecc.).
Un interessante progetto è ora in discussione in Consiglio regionale toscano, ma restano dei dubbi sulla sua efficacia, se non unita ad un concreto obbligo di trasparenza e correttezza nella gestione dei procedimenti amministrativi e decisionali cui la partecipazione accederebbe, e sull'autonomia dei soggetti che organizzerebbero i progetti partecipativi (l'autorità garante della partecipazione).

lunedì 10 dicembre 2007

BOZZA DICHIARAZIONE D’INTENTI - Roma 8.9 Dicembre 2007

Noi, uomini e donne che abbiamo partecipato all’Assemblea generale della sinistra e degli ecologisti, siamo impegnati nella fondazione del nuovo soggetto della sinistra: una sinistra unita, plurale, federata. L’Italia moderna, nata dalla Costituzione repubblicana, democratica ed antifascista, ha bisogno di una sinistra politica. Il mondo chiama a culture critiche rinnovate, che conservano la memoria del passato e tengono lo sguardo rivolto al futuro.
Questi sono i nostri principi: uguaglianza, giustizia, libertà; pace, dialogo di civiltà; valore del lavoro, dell’ambiente, del sapere; laicità dello Stato; critica dei modelli patriarcali e maschilisti.

La sinistra/l’arcobaleno oggi nasce. Crescerà attraverso un processo popolare, democratico e partecipato, aperto alle adesioni collettive e singole, per radicarsi nella storia del Paese. L’ambizione è quella di costituire non una forza minoritaria, ma un soggetto grande e forte, capace di competere per l’egemonia, influente nella vita della società e dello Stato, che pesi nel campo politico del centrosinistra. Un soggetto capace di contrastare le derive populiste e plebiscitarie, figlie di una politica debole e della separazione tra potere e cittadini. Un protagonista in Italia, collegato ai movimenti, ai gruppi e ai partiti più importanti della sinistra e dell’ambientalismo in Europa. 


La sinistra/l’arcobaleno che vogliamo è del lavoro e dell’ambiente. La globalizzazione liberista si è retta su una doppia svalorizzazione: del lavoro umano e delle risorse naturali. La riduzione a merce provoca la doppia rottura degli equilibri sociali e degli equilibri ambientali. Intollerabile crescita delle diseguaglianze e insostenibili cambiamenti climatici hanno una comune origine e portano alla stessa risposta: un altro mondo è possibile.

Mettere in valore l’ambiente e il lavoro (in tutte le sue forme, da quelle oggi più ripetitive alle più creative) è il cuore di un pensiero nuovo, che non rinuncia a coltivare in questo mondo la speranza umana. In Occidente, ciò comporta innanzitutto alzare la qualità del lavoro, combattere il precariato, contrastare le discriminazione verso le donne. Comporta la difesa e il rinnovamento dello Stato sociale, e la progettazione di una riforma più grande di quella che portò allo Stato sociale: una società non consumista, un’economia non dissipativa, una tecnologia più evoluta. Un nuovo inventario dei beni comuni dell’umanità: acqua, cibo, salute, conoscenza. La conoscenza deve crescere ed essere distribuita: impossibile, senza la libertà della cultura, dell’informazione, della scienza e della ricerca, e senza la lotta conseguente contro le regressioni tribali, etniche, nazionaliste, fondamentaliste. Il dialogo tra culture e civiltà diverse, aperto a nuove scritture universalistiche dei diritti sociali e dei principi di libertà, è tanto più essenziale nell’epoca delle grandi migrazioni, del web e della comunicazione globale.

La sinistra/l’arcobaleno che vogliamo è della pace. Lo spirito della guerra minaccia l’umanità. Ecco di nuovo la corsa al riarmo: cresce vertiginosamente la spesa per armamenti convenzionali, chimici, batteriologici, nucleari. Saltano le firme sui Trattati di riduzione e controllo degli armamenti. L’Europa è uno degli epicentri della corsa. Ora, è il momento di fermarla. La pace, che ha visto scendere in campo il più grande movimento di massa del dopoguerra, particolarmente in occasione della guerra irakena, è la carta vincente. La pace è possibile in un mondo multipolare. Il millennio si è aperto con



l’annuncio di un “new American century”: i fatti hanno già dimostrato che il mondo non è governabile da un unico centro di comando. Anche per questo c’è bisogno di rinnovare o democratizzare le istituzioni multilaterali, e di una Europa più forte ed autonoma.
La sinistra/l’arcobaleno che vogliamo è delle libertà individuali e collettive. Le libertà possono crescere solo in uno Stato laico. Per questo la laicità dello Stato è un bene non negoziabile. Uno Stato laico riconosce le forme di vita e le scelte sessuali di tutti e di tutte. Si regge sul rispetto di tutti i sistemi di idee, di tutte le concezioni religiose, di tutte le visioni del mondo. Combatte l’omofobia e il maschilismo. Assume dal femminismo la critica delle strutture patriarcali e il principio della democrazia di genere. Crea le condizioni sociali e istituzionali per rendere effettivi i diritti e le scelte libere di tutti e di tutte.

La sinistra/l’arcobaleno che vogliamo guarda ad una nuova stagione della democrazia italiana. Pronta ad assumersi, oggi e in futuro, responsabilità di governo, od esercitare la sua funzione dall’opposizione. I temi all’ordine del giorno sembrano “autorità, governabilità, decisione”, non si vede che quelli veri sono l’autorevolezza e la legittimazione, una nuova capacità di rappresentanza politica, in un rapporto dialettico con l’autonomia della rappresentanza sociale. 

La sinistra/l’arcobaleno contribuirà a semplificare e rinnovare il sistema politico. Ma i sogni bipartitici appaiono velleitari, e i progetti di “ mani libere” spacciano per modernità la restaurazione dell’antico trasformismo. Se c’è declino italiano, esso dipende dal corporativismo, dal dilagare del privilegio e dell’ineguaglianza; dalla debole innovazione, dalla perdita di coesione, dalla diffusa illegalità; dalla perdita della capacità di indignarsi verso quello stato di violenza assoluta che si chiama mafia, ‘ndrangheta, camorra; dall’oblio della questione morale. Riformare la democrazia e la politica vuol dire nutrire di valori un progetto di società.

La sinistra/l’arcobaleno intende far pesare fin da ora la sua forza politica e parlamentare per ricontrattare, con il Partito Democratico e gli altri alleati dell’Unione, un’agenda del governo di centrosinistra per il tempo della legislatura che resta. Consapevoli che la presenza di un centrodestra, e della sua più forte componente guidata da Berlusconi, intriso di populismo e di fermenti conservatori e reazionari, richiede unità e chiare alternative programmatiche.
Noi, partecipanti all’Assemblea generale della sinistra e degli ecologisti, ci rivolgiamo alle forze politiche, ai gruppi organizzati, ai movimenti, al popolo della sinistra, a tutte le singole persone che vogliono partecipare attivamente alla costruzione del nuovo soggetto. In una discussione aperta e libera sulle idee, gli obiettivi, i programmi, le forme di organizzazione e di rappresentanza.

Venite, diventate parte di un progetto che può cambiare profondamente la situazione italiana e influenzare la politica europea.